produzione 2007-2008
Vincenzo Carta & Benjamin Vandewalle INBETWEEN
concezione e coreografia: Vincenzo Carta e Benjamin Vandewalle musica originale: Michael Northam produzione: WE GO vzw produzione esecutiva: Monty coprodotto da Monty, Antwerpen; Fabbrica Europa, Florence; Santarcangelo Festival; STUK kunstencentrum, Leuven with the support of Vlaamse Gemeenschap, Buda, UE Cultuure 2000 Programme/Enhanced danceWEB-Europe thanks to ulti'mates/Ultima Vez and Rosas
Inbetween - visione dall'interno Il primo maggio 2007 entriamo nello studio di danza dello STUK di Leuven con il proposito di restare chiusi nello spazio per dieci giorni. Abbiamo concordato di non ricorrere ad alcun tipo di comunicazione verbale durante l'intera permanenza. Al termine dei dieci giorni, alle 20 esatte, lo studio viene riaperto a un pubblico selezionato per essere testimone di una performance. Questo è l'inizio del processo creativo. Forse solo l'1% di ciò che è stato prodotto tra queste quattro pareti è stato poi sviluppato. L'assunto principale è stato mantenuto: creare un pezzo di danza impiegando la danza come strumento di discussione sulla creazione stessa.
E' nello spazio intermedio che la danza è creata
Ci muoviamo in uno spazio nero con luci soffuse. I punti di riferimento spaziali sono per quanto possibile eliminati; unico punto di riferimento è il corpo dell'altra persona. Ogni singolo gesto viene messo costantemente in relazione con i movimenti dell'altro. La performance non ha una coreografia prestabilita, ma deriva da una precisa interazione con l'altra persona, raggiunta mantenendo specifici stati della mente. I movimenti sono il mezzo e il risultato di un dialogo fondato sulla discussione e la negoziazione dello spazio. Solo seguendoci l'un l'altro e mantenendo una totale concentrazione su ciò che stiamo facendo riusciamo a creare una conversazione interessante. Il dialogo stesso diventa una terza persona attiva nel gioco, ci spinge oltre. Ciò che importa è focalizzarsi completamente e in ogni istante sui movimenti dell'altro e sulla sua posizione nello spazio, affinché ogni singola azione eseguita da ciascuno sia il risultato di un'attenta osservazione e partecipazione a quello dell'altro. Si crea così un loop infinito di movimenti rifratti, come il feedback creato da un microfono posizionato vicino a un altoparlante.
Il divenire e il performare sono separati da meno di un secondo, sono un'unica cosa
La performance è in costante divenire, non esiste nessuna coreografia fissa; viene ogni volta ricreata sulla base del progredire del lavoro; continua a cambiare e ad evolvere: si succedono nuove scoperte e precedenti intuizioni scompaiono. Esiste una macrostruttura da seguire, ma anch'essa lentamente varia di volta in volta. Solo attraversando il rituale viene creata una sorta di consistenza nell'azione creata. Il contesto di una performance è molto diverso da quello di una prova, influenza profondamente il nostro essere, anche se in ultima analisi ciò che noi performiamo è il processo creativo.
Tra la performance e il pubblico... Il pubblico, cui viene offerta una visione parziale attraverso un buco, è libero di muoversi da un dettaglio all'altro. Noi dobbiamo costantemente relazionare nello spazio la forma e la posizione del nostro intero corpo a quello dell'altra persona. Ci muoviamo in uno spazio vuoto, con l'altra persona come unico punto di riferimento, concentrati intensamente e persi nella danza, quasi dimenticandoci del pubblico. La visione limitata induce il pubblico a muoversi da una parte all'altra e a scegliere i movimenti da seguire, creando la propria coreografia. Non abbiamo quasi alcun controllo su ciò che il pubblico vede e percepisce della performance. Con questo particolare accorgimento il pubblico non si sente lasciato fuori, e ha l'opportunità di perdersi nella propria danza visiva.
Tra i paradossi La quarta parete diventa un fatto concreto, ma nel contempo viene eliminata, in quanto non esiste una visione frontale. Il pubblico è separato dai performer, ma attraverso i visori è indotto ad essergli più vicino, come se fosse risucchiato nel nostro mondo.
'suspension work' per Inbetween Il lavoro sonoro concepito per Benjamin e Vincenzo ha origine dalla loro costante ricerca di uno stato di sospensione dal quale scaturisce il movimento. Per fare ciò ho ricomposto un mio vecchio lavoro dandogli una nuova direzione. Il risultato è una struttura articolata che combina le sonorità del vento marino (del Golfo di Finlandia) e delle incrostazioni (della Costa dell'Oregon), nonché quelle create dall'oscillazione sintetica di tre corpi posti in mezzo a disturbi radio, o modulazioni e suoni del corpo di Benjamin mentre galleggia nella vasca di deprivazione sensoriale del "float center" di Anversa. Attraverso complessi reticolati di frequenze subsoniche e medio-alte, sono arrivato a comporre la massa sonora che accompagna la performance. Michael Northam
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